Il turismo rurale ha tutte le carte in regola per diventare il terzo pilastro del turismo in Italia che – oltre le città d’arte e il segmento balneare – può vantare una scelta pressoché infinita di esperienze autentiche e paesaggi, dai ghiacciai delle Alpi alle spiagge del Mediterraneo, passando per l’Appennino e le dolci colline delle aree interne (basti pensare alla varietà di malghe, fattorie, masserie, bagli, pagliai, trulli, agriturismi, aziende agricole, cantine, frantoi…).
I territori che intendono avviare progetti di turismo rurale, diffuso e in linea con le esigenze della comunità, possono ora utilizzare il modello SIMTUR di “filiera corta dell’accoglienza che – attraverso opportuni strumenti di digitalizzazione – riparte dalle politiche di destinazione, dagli strumenti di informazione, da nuovi standard di ospitalità, da produzioni agricole e servizi di ristorazione finalmente integrati, nonché da arti e artigianalità che rappresentano un immenso valore aggiunto per il sistema Italia nel suo insieme.
E’ sostenibile l’azienda agricola che non inquina e non impatta sul territorio, che non incide negativamente sulla biodiversità e sugli ecosistemi, che produce più risorse di quante ne consuma, che adotta sistemi di produzione circolari, che si alimenta con energie rinnovabili… ovvero – in altre parole – capace di garantire il nutrimento degli esseri umani rispettando l’acqua, la terra, le risorse e la biodiversità. Ma la sostenibilità è anche un fattore sociale, che chiama le imprese agricole ad assicurare la salute e la qualità della vita delle persone, il rispetto e la tutela dei diritti dei lavoratori, i diritti umani e l’equità. Ed è un driver economico: la diversificazione del reddito agricolo passa per un diretto e necessario coinvolgimento degli attori economici delle filiere primarie nell’economia della conoscenza, nell’economia civile e nell’indotto del turismo.
FILIERA CORTA DELL’ACCOGLIENZA
L’offerta territoriale, finalmente integrata
L’offerta territoriale, finalmente integrata
Innovativi modelli di agricoltura sostenibile sono favoriti anche dall’affermazione di circuiti economici nuovi, spinti e supportati da “reti agroalimentari alternative” che si spingono con motivazioni diverse oltre la mera valutazione qualità/prezzo: la qualità intrinseca e la salubrità degli alimenti, certo, ma anche il benessere dei lavoratori e la tutela dell’ambiente e del benessere delle comunità locali, coinvolte nelle filiere produttive e di trasformazione. Un cambiamento di attenzione e di sensibilità deve oggi trovare riscontro con l’avvio di piani e politiche locali del cibo, di cui la filiera corta dell’accoglienza diventa il paradigma circolare: